“Adolescence” – un viaggio crudo e necessario dentro il cuore fragile dei ragazzi di oggi


Adolescence è una docuserie prodotta da Netflix Francia che racconta con delicatezza e lucidità cosa significa crescere nell’epoca dell’esposizione digitale. È un ritratto potente e disarmante degli adolescenti di oggi: fragili, arrabbiati, spaventati, connessi e allo stesso tempo terribilmente soli.

Il documentario non parla solo di social media, ma li attraversa dall’interno. Mostra in che modo Instagram, TikTok e le chat diventano veri e propri spazi esistenziali dove si costruisce (e si può distruggere) l’identità di un ragazzo o di una ragazza. Non è più un semplice mezzo di comunicazione: è il luogo dove si viene riconosciuti o ignorati, desiderati o umiliati.

Uno degli aspetti più sorprendenti affrontati dal film è il fenomeno degli “emojicon”, un linguaggio parallelo fatto di emoji colorate usate come segnali affettivi, allusivi o di esclusione.

  • ❤️ (rosso): espressione di amore
  • 💜 (viola): allusione a contenuti sessuali (“horny”), spesso mascherati
  • 💛 (giallo): interesse esplorativo, una forma di “mi piaci, mi stai cheeckando”, spesso viene usato per “flirtare senza esporsi”
  • 💓 (rosa): interesse affettivo, non necessariamente sessuale
  • 🧡 (arancione): esempio di supporto empatico come “stai bene”

Questo codice non verbale è spesso comprensibile solo ai ragazzi della stessa cerchia, e contribuisce a generare ansia sociale, fraintendimenti e senso di inadeguatezza.

Il film tocca anche un altro tema delicatissimo: la “Incel mentality” su Instagram. Attraverso testimonianze vere, Adolescence mostra quanto possa essere devastante per alcuni ragazzi sentirsi rifiutati, invisibili, messi da parte. Etichette come “sei un incel” (cioè un celibe involontario, spesso deriso o bullizzato perché non ha relazioni) diventano forme di cyberbullismo sottili ma potentissime, che passano attraverso commenti, meme e like dati o negati.
Il ragazzo protagonista viene additato come “sfigato”, “non desiderabile”, escluso da un sistema sociale che si basa sulla visibilità e sull’estetica. Instagram, in questo senso, non è solo un album fotografico, ma una classifica invisibile di valore personale.

Eppure Adolescence non è solo denuncia. È anche un invito all’ascolto, alla presenza, alla cura. Mostra genitori che cercano di capire, amicizie che salvano, ragazzi che cadono ma non smettono di cercare un senso.
È un film necessario per chiunque voglia avvicinarsi davvero al mondo emotivo degli adolescenti, non per giudicarlo, ma per imparare a starci dentro con loro.

 La dinamica dell’“incel mentality” su Instagram

Nel terzo episodio, gli investigatori portano alla luce una delle dinamiche peggiori: commenti di ragazze (come Katie e le sue amiche) sotto ai post di Jamie – che lo hanno etichettato come “incel”, facendo partire un meccanismo di isolamento, umiliazione pubblica e rabbia repressa.

“Incel”è l’abbreviazione di involuntary celibate”, celibe involontario

In origine era un termine neutro, nato da una ragazza canadese nel 1997 che cercava solidarietà per chi soffriva di solitudine affettiva. Ma il termine è stato poi radicalizzato da giovani maschi eterosessuali, in particolar modo online, che:

  • si sentono rifiutati dalle donne, nonostante il desiderio di relazione o sessualità;
  • attribuiscono questo rifiuto non a sé stessi ma a un sistema ingiusto: le donne, dicono, scelgono sempre gli uomini “vincenti” (belli, ricchi, sicuri di sé), ignorando quelli normali;
  • coltivano rabbia, invidia e vittimismo, a volte fino a sfociare in misoginia, odio, o (in rari ma tragici casi) violenza.

Per loro, essere gentili o “bravi ragazzi” è inutile, perché “le donne vogliono solo i cattivi”. È una narrazione tossica, che diventa una profezia che si auto-avvera, rinforzando isolamento e frustrazione. Gli incel si raggruppano nella “manosfera”.

 Che cos’è la “manosfera”?

Il termine manosphere (manosfera) descrive un insieme di comunità online (forum, social, blog, YouTube, Reddit, TikTok) dove si raccolgono uomini – spesso giovani – che condividono una visione negativa, frustrata o conflittuale dei rapporti con le donne.
La manosfera non è un gruppo organizzato, ma una rete disomogenea con varie “correnti”:

  • Incel (involuntary celibates): ragazzi o uomini che si dichiarano “celibi involontari”, cioè incapaci di avere relazioni sentimentali o sessuali, e attribuiscono la colpa alle donne o alla società.
  • Redpillati: prendono il nome dalla “pillola rossa” di Matrix, che in questo contesto indica “aver aperto gli occhi sulla realtà crudele dei rapporti uomo-donna”. Secondo loro, le donne sono manipolatrici e superficiali, e gli uomini devono “dominare”.
  • MGTOW (Men Going Their Own Way): uomini che decidono di “staccarsi” completamente dalle relazioni con le donne, per scelta o per rancore.
  • PUA (Pick-Up Artist): seduttori che insegnano tecniche di “conquista” spesso aggressive e manipolative.

Non è quindi un movimento ufficiale, ma un contenitore di sottoculture maschili in cui circolano:

  • idee misogene (contro le donne),
  • teorie complottiste su “come funziona il mondo”,
  • modelli ipermascolini, aggressivi o “sfigati arrabbiati”,
  • un senso di vittimismo maschile (es. “le donne hanno tutto, noi siamo invisibili”).

Nella manosfera circola una teoria pseudoscientifica secondo cui, nel mercato degli incontri (soprattutto online), solo una piccola parte degli uomini “alfa” riesce a ottenere l’attenzione della maggioranza delle donne.

Questa visione si basa su concetti distorti tipo:

  • “l’80% delle donne è attratta solo dal 20% degli uomini” (regola del “Pareto sessuale”),
  • “le donne sono sempre in vantaggio, mentre i maschi normali o timidi restano tagliati fuori”,
  • “oggi contano solo aspetto fisico e status sociale: se sei un bravo ragazzo non interessa a nessuno”.

Tutto questo alimenta sentimenti di inferiorità, inadeguatezza, rancore e polarizzazione. È una visione profondamente disumanizzante delle relazioni affettive, in cui l’altro è visto come oggetto da conquistare o nemico da odiare.

La serie mostra come l’uso apparentemente innocente di Instagram – con emoji o commenti – possa trasformarsi in elementi decisivi per la costruzione di un vissuto di umiliazione, isolamento e risentimento. Un concentrato narrativo potente che ci invita a riflettere:

  • sulle dinamiche indirette del cyberbullismo,
  • sul ruolo che i social giocano nella formazione dell’identità e delle emozioni dei ragazzi,
  • e su quanto sia cruciale per adulti e genitori comprendere questi messaggi e dialogare con i figli.

Instagram, TikTok, Reddit e YouTube sono pieni di contenuti manosferici, spesso travestiti da “coaching” per ragazzi insicuri. Promettono di:

  • “aumentare la virilità”,
  • “dominare nelle relazioni”,
  • “capire perché le donne ti rifiutano”,
  • o peggio, denigrano le ragazze definendole tutte “false”, “interessate”, “approfittatrici”.

Alcuni adolescenti finiscono per identificarsi con questi modelli, trasformando la frustrazione affettiva in cinismo, misoginia o isolamento. In alcuni casi, possono essere presi in giro con il termine “incel” proprio sui social, come mostrato nella serie Adolescence: un’etichetta umiliante che può fare male tanto quanto quella di “sfigato” o “diverso”.

 Perché è importante parlarne in ambito clinico?

Perché sempre più ragazzi tra i 12 e i 16 anni entrano in contatto con questi contenuti, soprattutto se:

  • sono timidi,
  • si sentono poco attraenti,
  • non riescono a fare esperienze affettive,
  • vengono esclusi dai gruppi sociali.

Questi modelli offrono spiegazioni semplici a un disagio complesso, e possono diventare un rifugio tossico per la loro fragilità emotiva. Portano a un’identificazione vittimistica, e alimentano senso di rabbia, isolamento e sfiducia relazionale.

 Come prevenire questa deriva?

  • Ascolto empatico: non ridicolizzare il disagio affettivo dei ragazzi, anche se espresso in modo scontroso o stereotipato.
  • Riconoscere il bisogno d’amore: anche dietro la rabbia, c’è un desiderio di contatto, di essere visti, accolti.
  • Educazione affettiva: insegnare che le relazioni non sono un premio da conquistare, ma uno spazio di incontro e rispetto reciproco.
  • Critica ai modelli tossici: smontare insieme, con spirito critico e ironia, i contenuti social che propongono modelli disumanizzanti.
  • Valorizzare la complessità: mostrare ai ragazzi che esistono tanti modi diversi di essere maschi, forti, affettuosi, sicuri.

In alcuni casi estremi, ci sono stati attacchi reali (come quelli di Elliot Rodger, 2014, California) rivendicati da incel come “vendette”.

🎬 Scheda di accompagnamento alla visione

“Adolescence” – Netflix (Francia, 2024)
Per genitori, educatori, terapeuti, insegnanti

🎯 Obiettivi della visione

  • Comprendere da vicino le emozioni, i disagi e le dinamiche relazionali vissute dagli adolescenti nel mondo digitale.
  • Riconoscere i segnali invisibili di disagio (sociale, affettivo, corporeo).
  • Riflettere sul ruolo degli adulti nella prevenzione del disagio psichico e del cyberbullismo.
  • Aprire un dialogo empatico con i ragazzi, fondato su ascolto e rispetto.

🔑 Temi chiave del documentario

  • Identità online e autostima: come il proprio valore viene legato ai like, ai follower, all’aspetto fisico.
  • Cyberbullismo sottile: forme di derisione e umiliazione veicolate attraverso messaggi, emoji, commenti.
  • Emojicon: linguaggio affettivo nascosto dietro emoji apparentemente innocue (💜 = attrazione, ❤️ = relazione, 💛 = flirt).
  • “Incel mentality”: vissuti di esclusione affettiva nei ragazzi, interiorizzati o etichettati dagli altri.
  • Silenzio degli adulti: genitori e insegnanti spesso assenti, impauriti o disorientati davanti al mondo digitale.
  • Ricerca di appartenenza e connessione: il bisogno profondo dei ragazzi di sentirsi visti, accolti e capiti.

Domande guida per la discussione (in gruppo o individuale)

Per genitori o adulti:

  • Quali aspetti del film ti hanno colpito di più?
  • Ti sei mai sentito/a impotente nel gestire il rapporto di tuo figlio con i social?
  • Conosci il linguaggio degli emoji usato dai ragazzi? Ti è mai capitato di sentirti escluso da quel codice?
  • Hai mai notato segnali di disagio che tuo/a figlio/a non riusciva a esprimere a parole?
  • In che modo potremmo aprire un dialogo più autentico e meno giudicante con gli adolescenti?

Per adolescenti (in contesto protetto):

  • Ti sei riconosciuto/a in qualcuno dei personaggi?
  • Cosa provi quando i tuoi post ricevono tanti o pochi like?
  • Ti è mai capitato di essere preso in giro online? Come hai reagito?
  • Sai a chi rivolgerti se qualcuno ti scrive qualcosa che ti ferisce?
  • Hai mai pensato che un tuo messaggio o commento potesse ferire qualcuno?

💬 Spunti per il confronto e la riflessione

  • Il bisogno di visibilità non è vanità: spesso è richiesta d’amore.
  • Non è necessario “essere esperti di tecnologia” per entrare in relazione con gli adolescenti: basta voler ascoltare senza giudicare.
  • La solitudine affettiva dei ragazzi può esprimersi con aggressività, ironia o silenzio. Ma resta un dolore reale.
  • È fondamentale disinnescare i modelli tossici (Incel, manosfera, estetica estrema) con alternative sane, affettive e realistiche.

📌 Consigli pratici dopo la visione

  • Parlare del film con i propri figli, usando domande aperte (“Tu cosa ne pensi?”, “Hai mai visto qualcosa del genere?”).
  • Monitorare senza controllare: chiedere, essere presenti, senza invadere.
  • Creare spazi protetti in cui i ragazzi possano raccontarsi, anche solo per accennare ciò che vivono online.
  • Ricordare che non è mai troppo presto per iniziare a parlare di affettività, consenso, identità, vulnerabilità.
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