Arturo, sguardi semplici sul mondo della psicoterapia. Il libro

Arturo è un cane. 

Un cane co-terapeuta. 

Accompagna ogni giorno la sua umana, una psicoterapeuta da lui definita l’Umanologa, nella stanza dove avvengono gli incontri con i pazienti. E li osserva, li ascolta, li annusa.

Attraverso i suoi occhi (e il suo fiuto), scopriamo un modo diverso di raccontare la psicoterapia: più semplice, diretto e teneramente non filtrato. 

Arturo non ha studiato la teoria, ma sente tutto: paure che si nascondono nei gesti, parole trattenute, sorrisi veri e sorrisi finti.

Ogni racconto è un piccolo tuffo nella complessità umana, vista con empatia e leggerezza. Lo scopo del libro? Portare chi legge dentro il mondo della psicoterapia senza spaventarlo, con uno stile caldo, vicino e accessibile.

Intervista doppia: la dottoressa Silvia Olivotto (psicoterapeuta) e il suo assistente a quattro zampe, Arturo

INTERVISTATORE:
Dottoressa Olivotto, come mai ha deciso di scrivere un libro che ha come protagonista il suo cane Arturo?

SILVIA OLIVOTTO (psicoterapeuta, “Umanologa”):
Prima di Arturo ho avuto un’altra assistente, Olivia. Un esserino minuscolo, peloso e istintivo che mi ha fatto capire quanto gli animali possano essere emotivamente vicini alle persone. Olivia era stata preparata per la pet therapy, e con lei ho cominciato a osservare come i nostri amici a quattro zampe percepiscono il mondo emotivo umano in modo profondo.
Poi è arrivato Arturo. Fin da subito è rimasto con me in studio. Osservandolo, ho capito che gli animali, immersi nel mondo emotivo umano, imparano ad annusarlo.
Durante le sedute, noto il suo comportamento: quando consola, quando si stanca e se ne va, quando si avvicina a chi sta soffrendo. Mi accorgo che attraverso il suo “tartufone” coglie segnali che a volte sfuggono persino a noi terapeuti. Arturo ha un’empatia tutta sua, spontanea e silenziosa.

I: Quindi Arturo è il suo assistente?

SO: Beh… se leggete il libro, sembra più che sia io l’assistente di Arturo! (Ride). Tant’è che nella realtà molti pazienti, entrando, salutano prima il cane e poi me.
Da un punto di vista terapeutico forse dovrei pormi delle domande…(risata).

INTERVISTATORE: E com’è nata l’idea del libro?

SO: Da una chiacchierata con amici. Loro sanno che io tendo a “prestare” un pensiero ad Arturo, gli do una voce interna, una visione del mondo tutta sua.
Questa cosa fa ridere, ma spesso anche riflettere. Mi hanno detto: “Perché non lo scrivi?”.
E così è nato questo libro. Da racconti scritti per pochi alla volontà di farli volare verso più persone possibile.
Con un intento chiaro: raccontare in modo ironico, ma profondo, quanto possa essere importante la psicoterapia.
Attraverso brevi storie — che non descrivono tecniche o metodi — cerco di mostrare lampi di psicoterapia. Perché smetta di fare paura.
Perché le persone capiscano che chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma un atto di forza.
E perché la psicoterapia può essere un’esperienza trasformativa, spesso persino piacevole.
Se vissuta con una persona competente, può davvero cambiare il corso di una vita.

I: Nel libro ci sono riferimenti espliciti ai pazienti?

SO:No. Le storie sono tutte inventate.
Nascono da trent’anni di lavoro come psicologa e psicoterapeuta.
Non ci sono riferimenti espliciti a nessun paziente ma un pezzettino di tutti loro è presente nelle mie storie (e per questo li ringrazio).

Ora la parola al protagonista: Arturo, cane co-terapeuta (e, come si autodefinisce con molta modestia,  influencer peloso)

INTERVISTATORE: Arturo, come descriverebbe la sua Capa?

ARTURO: Affettuosa, competente… e disordinata nel cassetto dei biscotti.
Dice di essere una psicoterapeuta, ma secondo me è più una “portabiscotti con licenza di ascolto”.
Mi annusa l’umore meglio di come io annuso le crocchette scadute. Siamo pari.

I: Si sente importante in studio?

A: Ma certo. È il mio regno. I pazienti entrano e io li scruto. Se mi piacciono, mi avvicino. Se non mi piacciono… mi avvicino lo stesso, ma con più lentezza.
Una volta ho consolato una signora solo sedendomi sui suoi piedi. Mi dicono che sono intuitivo. Io direi… multitasking emotivo.

I: Arturo, com’è collaborare con la sua Capa in versione Umanologa?

A: Lei pensa di condurre la terapia, ma in realtà il vero fulcro della seduta sono io.
Fa finta di avere tutto sotto controllo, ma quando mi guarda…
riconosco lo sguardo di quella che chiede conferma.
Io non la faccio attendere: inclino la testa, o mi strofino sul tappeto,
e così capisce che sta lavorando bene.”

I: Lei si considera un terapeuta?

A: Io mi considero un cane. Che è già una qualifica altissima.
Ma certo, se per terapeuta si intende “creatura che resta vicino anche quando non capisce niente ma sente tutto”… allora sì, sono terapeuta.
Solo che invece di parlare, scodinzolo. E pare che funzioni.

I: Ha qualche consiglio per i lettori del libro?

A: Sì.Leggetelo con una coperta addosso.
Tenete un biscotto vicino.
E se vi scappa una lacrima, non vergognatevi. Anche i cani ogni tanto piangono, ve ne accorgete perché ci diventa lucido  il naso.

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