Spesso quando si parla di disturbi dell’alimentazione pensiamo all’anoressia o alla bulimia. Ma esistono altre forme meno conosciute, che possono generare una grande sofferenza, soprattutto nei bambini e nei ragazzi. Uno di questi è l’ARFID, acronimo di Avoidant/Restrictive Food Intake Disorder, che in italiano si traduce con Disturbo da evitamento/restrizione dell’assunzione di cibo.
Che cos’è l’ARFID?
L’ARFID è un disturbo dell’alimentazione riconosciuto ufficialmente dal DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) dal 2013. Si caratterizza per un rifiuto persistente di alcuni cibi o categorie di alimenti e per una restrizione alimentare tale da compromettere la salute fisica, la crescita o la qualità della vita della persona.
A differenza dell’anoressia nervosa, l’ARFID non è collegato alla preoccupazione per il peso o per l’immagine corporea: chi ne soffre non vuole dimagrire, ma evita il cibo per altre ragioni.
Quali sono le cause più frequenti?
Le motivazioni possono essere diverse, e si intrecciano spesso tra aspetti sensoriali, psicologici e comportamentali. Le principali aree coinvolte sono:
- Paura delle conseguenze negative del cibo
Chi soffre di ARFID può avere il timore di soffocare, vomitare, avere reazioni allergiche o dolori fisici dopo aver mangiato. Questo timore può derivare da un evento reale (come un episodio di soffocamento o una gastroenterite) oppure da una percezione amplificata del rischio. - Avversione sensoriale
Alcuni bambini sviluppano una forte sensibilità a consistenze, odori, temperature o sapori. Questo tipo di rifiuto è più comune nei bambini con un profilo sensoriale particolare, spesso associato a neurodivergenze come il disturbo dello spettro autistico o il disturbo dell’elaborazione sensoriale. - Disinteresse per il cibo
Alcuni soggetti non provano fame o non sentono il cibo come qualcosa di rilevante. Questo può manifestarsi con una scarsa motivazione a mangiare e un apporto calorico insufficiente.
E le cause psicologiche?
Accanto ai fattori sensoriali, l’ARFID ha spesso radici psicologiche profonde, che è importante riconoscere per una presa in carico efficace.
- Ansia generalizzata o specifica
Molti bambini con ARFID presentano tratti ansiosi: l’evitamento del cibo può diventare una strategia di controllo su qualcosa che genera incertezza o disagio. Mangiare è un’attività che implica apertura, fiducia e lasciarsi andare: tutti aspetti che possono essere vissuti con apprensione da un bambino ansioso. - Eventi traumatici o esperienze negative
A volte l’evitamento nasce dopo un evento traumatico, come un soffocamento, un intervento chirurgico, una malattia acuta o anche un episodio osservato (per esempio un familiare che ha vomitato). In questi casi, il corpo reagisce con una difesa appresa, che può cronicizzarsi in assenza di elaborazione. - Ambienti familiari molto controllanti o ansiogeni
Quando il momento del pasto è carico di tensione, aspettative o conflitti, il cibo può diventare un terreno di scontro, oppure un’area da cui ritirarsi. Bambini molto sensibili possono “sentire” il disagio familiare e reagire con una restrizione come forma di autodifesa. - Bisogno di controllo
Nei bambini che si sentono sopraffatti da emozioni o cambiamenti, il rifiuto del cibo può essere un modo (spesso inconscio) per esercitare una forma di controllo sul proprio corpo o sull’ambiente, soprattutto se si tratta di bambini molto sensibili o precoci sul piano emotivo. - Difficoltà relazionali precoci
In alcuni casi, il rifiuto alimentare può radicarsi in esperienze precoci di separazione, disorganizzazione o difficoltà nel rapporto con la figura di accudimento. Il cibo, che fin dall’inizio rappresenta un ponte tra corpo ed emozioni, può diventare il simbolo di un legame disturbato o fragile.
Come si riconosce l’ARFID?
Il disturbo può manifestarsi in diversi modi e può esordire fin dai primi anni di vita. Alcuni segnali da non sottovalutare:
- Assunzione di una gamma estremamente limitata di cibi (5-10 alimenti)
- Evitamento costante di nuovi cibi (neofobia alimentare persistente)
- Perdita di peso o mancato incremento del peso e della crescita
- Carenze nutrizionali importanti
- Eccessiva ansia o disagio durante i pasti
- Rifiuto di partecipare a occasioni sociali che includano il cibo
- Dipendenza da integratori o alimenti liquidi per mantenere un apporto nutrizionale minimo
Quando è il caso di chiedere aiuto?
È importante non banalizzare questi segnali come “capricci” o “fasi”. Se la selettività alimentare è intensa, persistente e interferisce con la vita quotidiana o con la salute, è fondamentale rivolgersi a un professionista.
La diagnosi e il trattamento dell’ARFID richiedono un approccio multidisciplinare, che coinvolge spesso:
- Psicologo o psicoterapeuta
- Pediatra o nutrizionista
Un messaggio per i genitori
Se tuo figlio ha un rapporto difficile con il cibo, non sentirti in colpa e non lottare da solo. L’ARFID non è un capriccio, ma una condizione che può essere compresa e affrontata con gli strumenti giusti. La buona notizia è che, con il giusto supporto, è possibile migliorare la varietà alimentare e ridurre l’ansia legata ai pasti, restituendo al cibo la sua funzione naturale di nutrimento, ma anche di piacere e condivisione.