C’è un termine che circola sempre di più, soprattutto dopo la pandemia: FOMO, acronimo di Fear Of Missing Out, ovvero la paura di perdersi qualcosa. È una sensazione diffusa tra adolescenti e adulti, ma sta facendo capolino anche nel mondo dell’infanzia. La paura che ci sia sempre un’esperienza migliore da vivere, qualcosa da non lasciarsi scappare, un’attività più interessante da fare.
E così, la noia è diventata il nemico numero uno.
L’arte dimenticata di annoiarsi
Un tempo i bambini giocavano da soli. Con un sasso, un legnetto, un tappo, una scatola. Si inventavano storie, dialoghi, città. L’adulto non era regista ma spettatore, spesso distratto, mentre il bambino costruiva mondi. Oggi, per molti bambini (e ancor più per gli adolescenti), l’idea di stare senza nulla da fare è intollerabile.
Non parliamo di noia come vuoto di senso o disinteresse prolungato, ma di quella noia fertile, quella piccola pausa in cui il cervello si resetta e può accendersi la scintilla della creatività, della curiosità, dell’immaginazione.
Uno spazio mentale in cui non succede nulla, ma può nascere tutto.
Bambini organizzati, fantasia disorganizzata
Nel post-Covid abbiamo assistito a una vera e propria esplosione di attività: corsi, laboratori, sport, eventi. Tutto bellissimo, ma spesso senza spazi vuoti tra un impegno e l’altro. I genitori, mossi da timore (spesso inconsapevole) che i figli si sentano soli o si “perdano qualcosa”, cercano di offrire ogni opportunità.
Ma più stimoli riceviamo dall’esterno, meno allenamento abbiamo a cercare stimoli dentro di noi.
I bambini abituati ad avere sempre qualcuno che li intrattiene – un adulto, uno schermo, un programma, una lezione – fanno fatica a stare da soli con se stessi. Quando si spengono le luci della ribalta quotidiana, non sanno più che fare.
E chiedono il cellulare. O litigano. O si arrabbiano.
O dicono la frase che terrorizza molti genitori:
— “Mi annoio.”
L’adolescente e la noia che spaventa
Per un adolescente, il discorso si complica. L’introspezione aumenta, ma non sempre c’è una struttura interna solida per reggerla. La noia può diventare un contenitore troppo grande, in cui rimbalzano pensieri caotici, emozioni non elaborate, insicurezze.
Ed ecco che l’unico modo per non ascoltare il silenzio è riempirlo. Con TikTok, con scroll compulsivi, con uscite organizzate in cui spesso non ci si diverte davvero, ma si evita di restare soli con sé stessi.
Cosa si può fare?
Forse il primo passo è smontare il pregiudizio sulla noia. Non è un sintomo da correggere, ma un’esperienza da attraversare. È nella noia che il cervello rallenta e si rigenera. È nella noia che può nascere un disegno, un’idea, un gioco, un pensiero nuovo.
Ma serve spazio. E fiducia.
Spazio perché il bambino possa dire: “Non so che fare” e non venga subito “salvato”.
Fiducia perché il genitore possa restare a fianco, senza riempire subito il silenzio con qualcosa.
La noia come alleata
Se vogliamo aiutare bambini e adolescenti a crescere davvero, dobbiamo restituire valore ai tempi morti, alle attese, alle domeniche lente, ai viaggi in auto senza tablet.
All’inizio si lamenteranno, protesteranno. Aiutiamoli: cantiamo con loro, facciamo i nostri giochi di quando eravamo bambini (chi se lo ricorda il gioco dei nomi? data una lettera trovare tutti gli animali che iniziano con quella ), diamo loro carta e pennarelli, ascoltiamo della musica, facciamoli decorare, impastare, leggere. Poi, se gli diamo tempo, scopriranno che dentro di loro c’è più vita di quanto pensano.
In fondo, non è vero che si annoiano.
È che non sanno più come si fa.
E magari, hanno solo bisogno che qualcuno glielo insegni di nuovo.