Mens sana in corpore sano

La satira decima di Giovenale è volta a mostrare la vanità dei valori o dei beni (come ricchezza, fama e onore) che gli uomini cercano con ogni mezzo di ottenere. Solo il sapiente si rende conto che tutto ciò è effimero e talvolta anche dannoso.

Secondo Giovenale l’uomo dovrebbe aspirare a due beni soltanto: la sanità dell’anima e la salute del corpo. Esse dovrebbero essere le uniche richieste da rivolgere alla divinità che, sottolinea il poeta, sa di cosa l’uomo ha bisogno più dell’uomo stesso. (tratto da Wikipedia)

In questo articolo vi parlerò di mente sana se il cuore è sano, del nesso tra una cardiopatia e i decadimento cognitivo.

Numerosi studi e ricerche indicano oramai come la salute del cuore sia un importante antidoto al declino cognitivo. 

Le  condotte di vita e le malattie che mettono a rischio quest’organo così importante (pressione alta, diabete, fumo, sovrappeso, depressione, sedentarietà) possono influire anche sulle capacità cognitive fino ad arrivare a essere potenziale causa di demenza e Alzheimer

Vedremo  come è possibile che situazioni di vita vissute come sgradevoli e pesanti possono portare alla miocardiopatia da stress (sindrome del crepacuore) con la presenza di un quadro clinico che simula l’infarto ma che, ovviamente, da prognosi assolutamente positiva. La paura o i pensieri negativi condizionano il cervello al punto di generare uno  spasmo cardiaco. Le emozioni negative protratte nel tempo possono generare una situazione di stress cronico e conseguenti patologie cardiache e cognitive.

La solitudine è un  ulteriore fattore di rischio. Chi si sente solo oltre ad andare verso una depressione può mettere in atto condotte errate come compensazione (cibo spazzatura, alcool, fumo, sedentarietà) che portano  a problemi cardiovascolari.

Per quello che riguarda l’alimentazione il primo piccolo passo da fare è nella riduzione del sale a tavola. Il sale è contenuto in ogni alimento di cui ci nutriamo ed i 3 grammi giornalieri possono essere sforati di molto se non si presta attenzione. Tenendo presente che l’ipertensione è una delle cause del decadimento cognitivo eccoci arrivare l’imput per non salare ogni cosa che mangiamo, insalata compresa! Frutta, verdura, cibi  semplici preservano la salute del corpo ma anche quella della mente.

Facciamo abbastanza movimento? Dati clinici indicano come 7000 passi al giorno possano ridurre notevolmente, fino a dimezzare,  il rischio di sviluppare una demenza. Basta mezz’ora di attività fisica al giorno per far bene al cuore e alla mente. 

Studi recenti hanno rilevato come quanto più velocemente i fattori di rischio tendono a sommarsi, tanto più rapidamente si procede verso il danno cognitivo.

Chi ha molti fattori di rischio ha la possibilità di sviluppare l’Alzheimer fino a 5 volte in più rispetto di una persona senza questi elementi e rispetto a chi conduce uno stile di vita più virtuoso (fa movimento, mangia bene, usa tecniche specifiche per la riduzione dello stress).

I dati che confermano quanto appena citato provengono da uno  studio pubblicato sulla rivista Neurology da parte di un gruppo di ricercatori dell’Università di Umeå in Svezia guidati da Bryn Farnsworth von Cederwald. 

Lo studio ha coinvolto oltre 1.200 persone con una media di  55 anni di età che  ogni 5 anni, per la durata totale di 25, sono state osservate clinicamente attraverso specifici test di memoria, questionari sullo stile di vita ed esami di laboratorio per la valutazione delle condizioni generali di salute. Lo studio ha rilevato che  il 6 per cento delle persone aveva sviluppato una demenza di Alzheimer e il 3 per cento una demenza di origine vascolare. Questi valori incrociati  con quelli provenienti da stili di vita e stato generale di salute hanno rilevato che il rischio di sviluppare una demenza di Alzheimer è risultato moltiplicato da 3 a 6 volte, mentre quello di sviluppare una demenza vascolare è risultato moltiplicato da 3 a 4 volte nei soggetti con stili di vita poco sani.

Anche in assenza di vere e proprie forme di demenza si è osservato un incremento del declino cognitivo nei soggetti obesi, fumatori e con problemi di pressione arteriosa.

All’interno di questo gruppo in cui c’è stato nel tempo un aumento del rischio cardiovascolare è stato osservato un incremento dei casi di declino del funzionamento della memoria anche in assenza di vere e proprie forme di demenza. 

Si tratta di dati che mostrano chiaramente quali rischi cognitivi si corrono se non si pone attenzione ad evitare fumo di sigaretta, sedentarietà, peso corporeo  eccessivo e pressione arteriosa alta.

Un invito a porre maggiore attenzione a questi fattori di rischio molto dipendenti dalla volontà del soggetto e per questo modificabili,  viene anche da un articolo di Priya Palta della Division of General Medicine del Columbia University Irving Medical Center di New York  e pubblicato su Lancet Neurology.

 L’articolo si concentra sulla pressione arteriosa, un fattore di rischio che si può  facilmente modificare  attraverso una dieta sana e il movimento.

La Commission on dementia prevention, intervention, and care della rivista Lancetha ha identificato l’ipertensione come uno dei 12 fattori di rischio responsabili di circa il 40 per cento dei casi di demenza che si riscontrano nell’intero pianeta. La pressione arteriosa elevata è un fattore di rischio presente in quasi un miliardo e mezzo di persone al mondo e per il futuro si aspettano ulteriori incrementi, specialmente tra le popolazioni a più basso livello socioculturale, di questi dati.

L’abuso del sale a tavola è un elemento che contribuisce non poco all’aumento della pressione, tenendo presente che il sale lo troviamo in ogni alimento che noi mangiamo. Non esistono ancora delle linee guida sui parametri esatti della pressione arteriosa ottimale  per mantenere una buona salute cognitiva ma si possono seguire condotte virtuose come quelle consigliate dalla Società Italiana di Nutrizione Umana:  si può evitare di lasciare la saliera a tavola, fare attenzione alle etichette degli alimenti che si acquistano per scegliere quelli con meno sale aggiunto o peggio ancora glutammato, ridurre l’uso di piatti industriali già pronti, sughi pronti e prodotti in scatola, fare spuntini con frutta e non con snack salati, bere acqua per la reidratazione dopo attività sportiva leggera.

Non fumare, mangiare sano e poco salato, fare movimento. Esiste però un altro fattore importantissimo che può causare molti danni al cuore, oltre che alla mente: lo stress.

Parliamo di stress, fattore rischio poco gestibile, apparentemente, dal singolo. Lo stress “buono” viene chiamato  eustress, ed è quello che attiva la mente e il corpo per rispondere alle richieste che ci circondano, quello  “cattivo”, chiamato distress, invece, porta a un esaurimento delle energie e delle risorse  e a risposte poco adattive e molto dannose per il fisico e per la mente

Il distress generalmente dura nel tempo e diventa condizione di vita del soggetto. Ecco allora l’importanza dell’utilizzo di tecniche di rilassamento e meditazione per generare nell’organismo quella chimica adatta a combattere quanto viene prodotto da questo tipo di stress pericoloso. 

Gli stress acuti seguono eventi tragici come ad esempio un incidente, la morte di una persona cara, un accadimento catastrofico, ma anche eventi come un matrimonio, il trasloco, la nascita di un figlio o addirittura una partita di pallone. 

Quelli cronici riguardano soprattutto la sfera lavorativa, la sfera familiare e coniugale, la sfera sociale. Una  condizione di solitudine, la cura di un malato cronico, problemi di coppia, con i figli, eccesso di lavoro o mobbing, problemi con i vicini di casa, sono tutti fattori che conducono ad una  pericolosa condizione di distress. In tempi più recenti, sono emersi nuovi fattori di stress, connessi ai social media o alla pandemia da Covid-19. 

Gli stress acuti tendono nella maggior parte dei casi a scatenare eventi acuti cardiovascolari , in soggetti con pregressa patologia cardiovascolare, anche non nota, mentre lo stress cronico contribuisce alla progressione di malattia nel lungo termine.

Una forma particolare di patologia cardiovascolare da stress acuto è la sindrome di Takotsubo, che simula l’infarto miocardico, pur non essendo causata dall’ostruzione delle coronarie. Colpisce particolarmente le donne ed è nota anche come “sindrome del cuore infranto”.

Le nostre emozioni svolgono un ruolo primario nella gestione dello stress.

Ne parleremo più dettagliatamente in un altro articolo ma importante riconoscere come rabbia e ostilità possono avere un impatto  fortemente negativo sull’organismo in quanto generano  una reazione da parte del sistema simpatico. L’attivazione del simpatico è una condizione di cui ci si rende facilmente conto  perché l’organismo risponde con un immediato aumento della frequenza del battito cardiaco e della pressione arteriosa, dai quali deriva un incremento di rischio per la salute cardiovascolare. 

Episodi acuti di rabbia possono essere considerati, anche  nelle ore successive all’evento scatenante, come importanti fattori di rischio per l’insorgenza di eventi cardiovascolari, quali infarto del miocardio, sindrome coronarica acuta, ictus e aritmia ventricolare.

Non meno pericolosi sono anche gli episodi ripetuti di rabbia, che possono arrivare a configurare una condizione di rabbia cronica, di cui è stata verificata la correlazione a un aumento dell’incidenza di patologie cardiache nei soggetti sani e di ricadute in chi ha pregresse patologie cardiovascolari, soprattutto in presenza di tratti di personalità caratterizzati da una marcata tendenza alla rabbia e all’ostilità. È anche stato osservato che individui con elevata aggressività hanno uno squilibrio nelle due componenti del sistema nervoso autonomo, con una prevalente attivazione del sistema simpatico, spesso correlata ad aritmie e disturbi cardiovascolari.

Lavorare sulle proprie emozioni e sulla propria mente, magari con l’aiuto di uno psicoterapeuta, potrà permettere al soggetto non solo di migliorare la propria qualità di vita ma anche di allungarla. 

Torna in alto